Una “conversione” sportiva per un nuovo umanesimo
«Laudato sì, mì Signore», cantava San Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato sì, mì Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba». Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei.
Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). «Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora». Inizia così l’enciclica “Laudato sì” di papa Francesco. Il Santo Padre richiama tutta l’umanità ad una “conversione ecologica” che permetta di cambiare strada rispetto al modo di vivere e di ragionare del mondo di oggi.
Responsabilità, sobrietà, equilibrio tra Paesi “ricchi e poveri” sono temi che ricorrono molte volte nell’enciclica. Questi temi valgono anche per il mondo dello sport.
Serve oggi una “conversione sportiva” che permetta di ritrovare la “via” per restituire allo sport la sua autenticità. L’inquinamento sportivo ha raggiunto livelli inaccettabili. Partite truccate, scommesse a fiumi, bilanci che non reggono, furberie di vario genere, lotte di potere hanno rovinato e distrutto tanto (non tutto per fortuna) di quella che rimane una delle attività più belle per l’uomo.
Bisogna, però, in fretta correre ai ripari. Restituire lo sport a se stesso è la sfida più grande che oggi siamo chiamati a giocare. Non possiamo più permettere che il business rovini tutto. Bisogna tornare a fare dello sport una delle attività più nobili dell’animo umano. I valori dello sport non possono più essere solo decantati. Devono essere vissuti e testimoniati ad ogni livello. Non si può più dire: »C’è una parte del mondo sportivo (l’alto livello) che funziona con altre logiche perché lì girano troppi soldi». Questa è un’affermazione che non può più reggere e che non possiamo più accettare. Papa Francesco, nella sua enciclica ci ricorda che bisogna rivedere gli equilibri tra nord e sud del pianeta perché non si può più andare avanti con i Paesi ricchi che sfruttano e rovinano tre quarti del pianeta. Anche nello sport bisogna rivedere certi equilibri. Non si può più andare avanti con un alto livello che pensa solo a fare soldi ed a rovinare il resto dello sport (ad onor del vero questo ragionamento riguarda molto il calcio). Serve un nuovo umanesimo dello sport, la voglia di cambiare e di farlo davvero, la volontà di salvare lo sport. E serve farlo adesso.